02.12.2025 Emergenze

Missioni umanitarie sotto attacco: il caso della Repubblica Democratica del Congo

La RDC subisce una delle crisi umanitarie più complesse al mondo. I nostri team mettono a rischio la loro sicurezza per portare assistenza alle comunità più vulnerabili.

Aiutare, sostenere e curare spesso rappresentano atti estremamente complessi, in particolar modo nei Paesi segnati da instabilità politica e divisioni interne. A dimostrarlo è il preoccupante aumento degli attacchi contro gli operatori umanitari, che negli ultimi anni ha assunto proporzioni sempre più allarmanti.

In particolare, secondo i dati raccolti da Medici del Mondo, nel 2024 sono stati uccisi 383 operatori umanitari, con un aumento del 31% rispetto all’anno precedente, mentre centinaia di altri sono rimasti feriti, rapiti o detenuti.

Una tendenza che non sembra arrestarsi: già ad agosto 2025, altri 265 operatori avevano perso la vita, a dimostrazione di quanto rapidamente la crisi stia peggiorando.

L’attacco alle missioni umanitarie può ormai essere considerato una vera e propria strategia di guerra, come dimostrano i recenti eventi a Gaza, dove l’azione degli operatori è stata costantemente ostacolata dal blocco degli aiuti e dal bombardamento di ospedali e cliniche che avrebbero dovuto rappresentare zone franche.

Ogni attacco non solo mette in pericolo vite umane, ma ritarda anche i programmi umanitari e impedisce agli aiuti di raggiungere le comunità nel momento in cui ne hanno più bisogno, aggravando emergenze legate alla distribuzione di cibo e all’accesso alle cure mediche.

Noi di Medici del Mondo assistiamo in prima persona a questi pericoli: da Gaza ad Haiti, la capacità di fornire aiuti salvavita è sempre più minacciata.

La Repubblica Democratica del Congo: una situazione al collasso

Abbiamo citato in precedenza zone di conflitto in cui la vita è costantemente minacciata, non solo quella della popolazione locale, ma anche quella degli operatori umanitari che prestano la propria opera per salvaguardare le fasce più vulnerabili della popolazione. Tutto questo si concretizza nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), dove i gruppi armati hanno causato lo sfollamento di milioni di persone e lasciato un sistema sanitario già fragile sull’orlo del collasso.

Medici del Mondo opera in questo contesto garantendo la continuità degli aiuti medici essenziali, nonostante i rischi. Per maggiori informazioni puoi approfondire la nostra missione in Congo.

Come abbiamo appena accennato, il lavoro degli operatori è ostacolato in maniera significativa, con il rischio di generare una pericolosa reazione a catena. Non può esserci tutela della salute se non vengono salvaguardate adeguatamente le vite dei medici e degli operatori umanitari che ogni giorno agiscono in questi contesti. Serve una presa di posizione più forte e una maggiore consapevolezza, altrimenti il diritto all’assistenza sanitaria per milioni di persone continuerà a rimanere a rischio.

La crisi umanitaria nella Repubblica Democratica del Congo

La crisi umanitaria in Congo rappresenta un caso peculiare, considerando che perdura da circa trent’anni. Tutto ciò le ha valso l’appellativo negativo di crisi umanitaria più prolungata al mondo.

Per comprendere il contesto, è necessario fare riferimento al genocidio ruandese, perché è qui che questa crisi affonda le sue radici. Ancora oggi assistiamo a episodi di efferata violenza portati avanti da gruppi armati come l’M23. Inizialmente confinati nella parte orientale del Paese, questi gruppi hanno progressivamente ampliato il loro raggio d’azione, destabilizzando intere regioni.

Il conflitto è alimentato da diversi fattori, tra cui:

  • violenza armata;

  • povertà estrema;

  • fragilità politica;

  • interferenze straniere;

  • competizione per il controllo delle risorse minerarie.

Il Congo è ricco di risorse minerarie come rame, piombo, diamanti, oro, germanio, argento, manganese, coltan, cobalto ed altre terre rare. Molte di queste risorse sono alla base della Green Economy e dell’industria elettronica, informatica e automobilistica. I siti estrattivi non sono organizzati come vere miniere e spesso i lavoratori, inclusi bambini, operano in condizioni di schiavitù e a rischio della propria vita.

Ad aggravare la violenza, oltre alla competizione per il controllo delle risorse, si aggiungono ricorrenti emergenze sanitarie. Negli ultimi anni, il Paese ha dovuto affrontare epidemie di Ebola, Mpox e morbillo, oltre a un aumento dei casi di malaria. Colera, infezioni respiratorie e malattie diarroiche sono diffuse nei campi profughi, dove si diffondono rapidamente a causa del sovraffollamento. In questo contesto diventa evidente come il sistema sanitario, già fragile, sia insufficiente senza l’opera integrativa degli operatori umanitari.

Un’escalation sempre più forte e il costo umano

Negli ultimi mesi abbiamo assistito a crescenti atti di violenza nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. I rinnovati scontri tra gruppi armati, tra cui l’M23, le forze armate nazionali FARDC e le milizie locali, hanno completamente devastato alcune comunità, tra cui Uvira, Fizi e Kalehe.

Il bilancio umano è alto: in sole due settimane sono stati uccisi oltre 300 civili. Dove un tempo sorgevano scuole e centri sanitari, oggi ci sono macerie. La distruzione generalizzata ha causato lo sfollamento di più di 110.000 persone, dopo la chiusura forzata dei campi profughi.

Inoltre, i combattimenti hanno interrotto i principali corridoi umanitari, impedendo alle organizzazioni presenti sul territorio di raggiungere le persone bisognose. Oltre 1,15 milioni di persone sono ora ammassate in siti con risorse insufficienti. In questo contesto emergono fenomeni come l’aumento della malnutrizione infantile, condizioni di vita precarie e un incremento della violenza sessuale.

Le testimonianze sul campo confermano: “Nella Repubblica Democratica del Congo, il conflitto provoca continui spostamenti di popolazione, sovraccaricando i fragili sistemi sanitari e interrompendo la fornitura di materiali medici essenziali. A volte, la violenza costringe gli operatori umanitari a ritirarsi, interrompendo le operazioni e impedendo una risposta continua.”

Ad aggravare questo quadro si aggiunge la violenza contro gli operatori umanitari, un fenomeno in aumento a livello globale. Solo nel luglio 2025 sono stati segnalati 57 incidenti, più del doppio rispetto ai 27 di giugno, comprendenti rapimenti, feriti, morti e intimidazioni diffuse. Finora quest’anno, 354 incidenti sono stati documentati, principalmente nel Nord e Sud Kivu, dove opera Medici del Mondo.

“Queste minacce ci hanno costretto a sospendere attività, ritardare risposte e a ritirarci dalle zone inaccessibili”, afferma un membro dello staff. “Le conseguenze sono gravi e creano tre grandi sfide: una domanda schiacciante dovuta agli sfollamenti di massa, esigenze mutevoli come il sostegno alla salute mentale e alla violenza di genere, e la riduzione dei budget umanitari. L’accesso rimane l’ostacolo maggiore, con intere aree isolate a causa dell’insicurezza. Questo pone il personale di fronte a scelte dolorose: continuare a fornire assistenza nonostante i rischi o sospendere le attività e attendere una stabilità che potrebbe non arrivare mai.”

Continuare ad esserci: resistere è curare

Da quanto finora descritto, possiamo affermare che il Congo rappresenta una delle emergenze umanitarie più complesse e letali del XXI secolo. Quasi 7,3 milioni di persone sono sfollate all’interno del Paese, mentre 25,4 milioni soffrono di grave insicurezza alimentare. Un ulteriore milione di rifugiati congolesi è riuscito a fuggire nei Paesi confinanti.

Nonostante l’immensa portata dei bisogni, delineata nel Piano di risposta umanitaria delle Nazioni Unite per il 2024, del valore di 2,54 miliardi di dollari, i finanziamenti rimangono gravemente insufficienti, lasciando milioni di persone senza il sostegno essenziale.

In questa situazione di estrema fragilità e insicurezza, le équipe di Medici del Mondo hanno continuato a fornire assistenza, applicando una strategia d’azione ben precisa. Dalla caduta di Goma all’inizio del 2025, gli operatori hanno dovuto fronteggiare minacce costanti nel tentativo di raggiungere le comunità sfollate e in condizioni vulnerabili.

Per questi team, resilienza significa adattarsi, proteggersi a vicenda e trovare il modo di fornire assistenza indipendentemente dalle circostanze. Attraverso una pianificazione anticipata e una formazione mirata del personale, molto è stato fatto, ma resta ancora tanto da ottenere per le persone che subiscono questo conflitto senza fine.

Medici del Mondo non si limita a fornire aiuti sanitari: le nostre équipe costruiscono anche un dialogo con le comunità e con gli attori del conflitto, così da rendere le operazioni sicure ed efficaci. Il confronto con i gruppi armati è necessario per garantire lo spazio umanitario che permette di raggiungere e assistere le persone in stato di bisogno.

Rimanere mobili e flessibili consente alle équipe di spostarsi laddove il bisogno lo richiede. Gli episodi di violenza spesso distruggono strutture sanitarie o ne ostacolano l’accesso. Dopo gli scontri a Kalehe, che hanno causato lo sfollamento di migliaia di persone, le cliniche mobili hanno rapidamente fornito cure urgenti e interventi di prevenzione delle epidemie.

Quando gli attraversamenti del Lago Tanganica sono diventati pericolosi, le équipe hanno utilizzato imbarcazioni locali per raggiungere Uvira e Fizi, rischiando il viaggio per garantire l’arrivo degli aiuti. Le cliniche mobili, i dispiegamenti rapidi e le soluzioni di trasporto locali incarnano l’adattabilità necessaria per mantenere l’assistenza in movimento anche in condizioni di pericolo.

L’attacco all’aiuto umanitario significa mettere a rischio intere comunità: malnutrizione ed epidemie non possono essere affrontate se gli operatori vengono rapiti, uccisi o ostacolati nella loro missione. Nella Repubblica Democratica del Congo e oltre, la protezione del personale umanitario è quindi indissolubile dalla protezione delle vite dei civili.

Il team di Medici del Mondo RDC ha evidenziato le principali richieste di advocacy, che si concentrano su tre aree chiave. Abbiamo chiesto alle autorità congolesi di facilitare la creazione di corridoi umanitari sicuri, affinché le organizzazioni possano raggiungere rapidamente le popolazioni in difficoltà, anche nelle zone attualmente inaccessibili. Abbiamo chiesto agli attori armati di proteggere gli operatori umanitari sul campo, in conformità con i principi di neutralità e sicurezza. Infine, abbiamo fatto appello alla comunità internazionale di mobilitare ulteriori risorse finanziarie per rispondere alle crescenti esigenze delle popolazioni sfollate e delle comunità ospitanti.

Ognuno di noi può sostenere gli operatori attraverso piccoli gesti che, in contesti così precari, possono davvero fare la differenza.

  • Dona ora per sostenere le missioni umanitarie in Congo.

  • Diventa attivista e partecipa alle campagne di sensibilizzazione.

Unendoti alla famiglia di Medici del Mondo potrai essere parte attiva del cambiamento, sostenendo con noi l’idea che la salute non è un privilegio e che l’accesso alle cure deve essere sempre tutelato.