04.12.2025 News

“La popolazione palestinese vive in condizioni disumane”: Gaza, una testimonianza dal campo

Nonostante il cessate il fuoco, la popolazione di Gaza vive in condizioni estremamente difficili. Alessandro Verona, il nostro ex capo missione nei Territori Palestinesi Occupati, ci racconta le condizioni nella Striscia dopo il cessate il fuoco.

Nonostante il cessate il fuoco, la popolazione di Gaza vive in condizioni estremamente difficili. Alessandro Verona, il nostro ex capo missione nei Territori Palestinesi Occupati, ci racconta le condizioni nella Striscia dopo il cessate il fuoco. 

Ad ottobre 2025 nella Striscia di Gaza è stato dichiarato il cessate il fuoco. Nonostante ciò, la popolazione continua a vivere in condizioni estremamente difficili, tra nuovi attacchi, ostacoli nell’accesso agli aiuti umanitari e una situazione igienico-sanitaria precaria. 

Ce lo racconta in prima persona Alessandro Verona, medico ed ex capo missione di Medici del Mondo nei Territori Palestinesi Occupati. 

Qual è la situazione a Gaza dopo il cessate il fuoco? 

Malgrado il cosiddetto ultimo cessate il fuoco del mese di ottobre, ci sono ancora tanti, troppi, elementi che mettono la popolazione di Gaza in sofferenza. Innanzitutto, ci sono stati nuovi attacchi e questo ha determinato una situazione di grande insicurezza nelle persone. Oltre a questo, abbiamo visto una quantità di aiuti in entrata che è ancora insufficiente e questo va ad avere degli effetti a cascata su tutta la catena dell’assistenza umanitaria. In più l'inverno è alle porte e ad oggi sono state consegnate soltanto 5.400 tende e 17.000 coperte. La popolazione di Gaza è di 2 milioni e 200 mila persone. L'inverno è particolarmente rigido, e le conseguenze possono essere molto gravi soprattutto per la parte della popolazione vulnerabile.  

Non c'è cibo, non c'è nessun tipo di materiale medico, nessun tipo di supporto ai comparti dell'energia. L’88% degli edifici pubblici sono stati distrutti. Resta solo il 4% delle terre coltivabili e questo ha un impatto chiaramente devastante rispetto alla sussistenza della Striscia di Gaza stessa; pertanto, è fondamentale che gli aiuti arrivino da fuori.  

Abbiamo visto delle minime modifiche a partire da questo accordo di cessate il fuoco, ma queste sono altamente insufficienti per quelli che sono i fabbisogni della popolazione. Abbiamo bisogno di cibo, abbiamo bisogno di medicine, abbiamo bisogno di elementi che supportino l'energia e quindi di generatori e parti per i generatori, i pannelli solari. Abbiamo bisogno di poter supportare la popolazione su un piano trasversale in un luogo in cui non c'è più niente e i i prezzi dei beni primari sono altissimi.  

Quali sono le condizioni sanitarie? 

La popolazione di Gaza vive in condizioni che sono semplicemente disumane. Abbiamo un conflitto che va avanti da parte dello Stato occupante da oltre due anni. In questo periodo l'aiuto umanitario è stato fortemente ostacolato in tanti modi diversi. Con aggressioni diverse: pensiamo agli attacchi agli uffici di Medici del Mondo a Rafah e Deir al-Balah, e alle limitazioni di ingresso degli aiuti all'interno della Striscia. A fronte di tutta questa distruzione, la popolazione vive in condizioni igienico-sanitarie particolarmente precarie. Abbiamo un sistema fognario che è completamente stato distrutto e una quantità di acqua potabile molto limitata. Arriviamo ad avere per la metà della popolazione meno di 6 litri di acqua potabile al giorno.  

Il territorio all'interno della cosiddetta linea gialla, e quindi del luogo in cui è stato concesso alle persone palestinesi di vivere dopo questo accordo per una riduzione delle ostilità, si estende per 155 chilometri quadrati con una densità di popolazione che è la maggiore al mondo. Questo espone chiaramente a dei rischi importanti, che hanno a che fare con le malattie anche trasmissibili. Pertanto, le conseguenze di un’igiene forzatamente limitata per mancanza di risorse e per la promiscuità forzata sono molto gravi per la popolazione. 

Negli ultimi due anni le vaccinazioni sono state fortemente limitate, ora si sta cercando di rispondere a questo bisogno grazie ad una campagna vaccinale iniziata a novembre. Le malattie che erano già state diagnosticate, e che quindi sono state gestite in un modo limitato durante gli ultimi due anni, sono chiaramente peggiorate e c'è un grande bisogno per queste persone di essere seguite con costanza ma anche con i farmaci necessari. Non abbiamo la quantità di forniture che sono necessarie per supportare questa popolazione.  

Qual è lo stato di malnutrizione? 

Da tempo sappiamo che è in corso una carestia a Gaza. Questa carestia non può migliorare nelle sue condizioni se non arriva un flusso adeguato di forniture, che devono comprendere anche cibo adeguato, cibo supplementare e micronutrienti. Senza questi, non riusciamo a sostenere le donne in gravidanza e i bambini da 0 a 5 anni, che sono particolarmente vulnerabili.  

Ricordiamoci che la mancanza di alimentazione adeguata e la malnutrizione, soprattutto in questa fascia d’età, possono causare dei gravissimi problemi al bambino o alla bambina, anche permanenti sul piano cognitivo. Abbiamo poi la popolazione materno-infantile, donne incinte, donne in lattazione che hanno bisogni speciali, fra cui anche quelle di una dieta adeguata. È pertanto fondamentale tenere a mente che limitare gli aiuti significa impattare direttamente sulla popolazione più vulnerabile, quindi donne in queste condizioni e bambini e bambine.  

La malnutrizione sta colpendo tutti gli strati della popolazione. Anche gli anziani, una quota limitata all'interno della demografia di Gaza, ma non per questo meno vulnerabile. La sarcopenia colpisce questa popolazione con grande facilità, in oltre una persona su tre. È fondamentale garantire un adeguato ingresso di aiuti, alimentari e non alimentari. 

Come si può fornire una dieta adeguata nel momento in cui la quantità di nutrienti che entra è limitata in sé stessa? Nel momento in cui i cibi supplementari sono limitati? 

Come stanno procedendo le evacuazioni mediche? 

A partire dall'inizio dell'attacco a Gaza, la quantità di evacuazioni mediche è sempre stata estremamente limitata. A parte un parziale picco durante il mese di febbraio, e in parte di marzo di quest'anno, non si sono mai superate le 150 evacuazioni mediche al mese, a fronte di un bisogno smisurato. Dobbiamo richiedere con forza che le persone possano avere accesso al diritto di uscita dalla Striscia di Gaza per problemi di salute. La quantità di persone che è in attesa da tanto, troppo tempo, è inaccettabile e sarebbe comunque inaccettabile anche se fosse solo una persona. Il diritto alla salute è inviolabile e deve essere garantito in qualsiasi condizione. 

Come vive il personale umanitario? 

Il nostro staff a Gaza è composto di uomini e donne che negli ultimi due anni hanno vissuto cose che da lontano, ma anche da vicino, se si è privilegiati come operatori umanitari internazionali, che stanno un tempo limitato nei luoghi di conflitto, è difficile capire fino in fondo. Colleghe e colleghi che vogliono dare sempre di più malgrado vivano in condizioni disumane quotidiane. Parlo della difficoltà di lavare i vestiti per la mancanza di acqua, scaldare un pasto utilizzando la legna che viene venduta dopo essere stata raccolta dalle rovine dei luoghi distrutti, la difficoltà di dare da mangiare ai figli, alle figlie, dover scegliere che cosa mangiare a fronte di una varietà che è minima, le pochissime verdure che sono presenti, beni di lusso come formaggio e uova. Vuol dire cercare di sostenere dei colleghi e delle colleghe che vivono dormendo estremamente poco e con grande senso di rischio costante, senza sapere se vedranno il giorno dopo. Significa avere sempre a che fare con il ronzio dei droni, giorno e notte sopra le loro teste, senza sapere se uno di quei droni distruggerà anche la loro famiglia.  

Cosa sta facendo Medici del Mondo a Gaza? 

Medici del Mondo è in Palestina da oltre vent’anni a cercare di supportare la popolazione palestinese. 
Ci troviamo all'interno della Striscia di Gaza dall'inizio e da prima del conflitto. In questo contesto forniamo cure primarie di alto livello, malgrado la situazione devastante in cui gli operatori e le operatrici sanitarie lavorano. Forniamo salute mentale e supporto psicosociale alle persone. La ferita che è stata lasciata all'interno delle menti, della psiche, delle popolazioni che vivono un conflitto così pesante e unilaterale da così tanto tempo è inquantificabile. Le persone hanno bisogno di essere supportate e la comunità umanitaria è lì per loro. Purtroppo, l'esercito occupante limita la capacità degli umanitari di fornire questo supporto.