08.10.2025 Salute sessuale e riproduttiva

L’aborto in Sardegna tra opacità informativa e passi avanti.

Quando si parla di Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG), la Sardegna rappresenta un caso emblematico di come l’assenza di informazioni trasparenti, aggiornate e disaggregate comprometta l’accesso a un diritto fondamentale. Ma, se da un lato il quadro sanitario appare frammentato e opaco, dall’altro emergono segnali incoraggianti sul fronte dell’aborto farmacologico e un impegno istituzionale a livello regionale.

L’inadeguatezza informativa emerge già a partire dalle basi, perché, tra dati vecchi e parziali, risulta difficoltoso avere un quadro dei servizi abortivi offerti in Regione. Nel 2024, in risposta a una richiesta di accesso civico presentata dalle giornaliste Sonia Montegiove e Chiara Lalli per la loro mappatura nazionale “Mai Dati”, la Regione Sardegna ha fornito dati risalenti al 2022, suddivisi per Asl e non per singola struttura, e, in molti casi, aggregati in modo da renderne difficile la lettura e l’interpretazione. Questa opacità informativa ha spinto anche il consigliere regionale di maggioranza Valdo Di Nolfo a chiedere alla Regione il quadro completo “con tutti i dati che permettano una corretta lettura della situazione in Sardegna”. Ed ecco che alla fine sono arrivati i dati aggiornati al 2023: su 183 ginecologi e ginecologhe in servizio in Sardegna, ben 100 (il 54,6%) sono obiettori/obiettrici di coscienza. Una percentuale in calo rispetto ai dati precedenti (61,5%), ma ancora elevata in un contesto in cui l’accesso all’IVG è fortemente legato alla presenza di personale non obiettore.

Secondo l’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) con il progetto CCM 2022, in Sardegna solo 14 reparti di ginecologia-ostetricia su 22 (ovvero il 63,6%) offrono il servizio IVG. L’82,5% delle IVG sull’isola avviene entro 14 giorni dalla richiesta (l’11,7% tra i 15 e i 21), ma in alcune aree l’accesso ai servizi abortivi è estremamente difficile: nell’ex provincia del Sud Sardegna oltre il 71% delle persone che ha richiesto un aborto ha dovuto spostarsi in un’altra zona, nella provincia di Oristano il 53%, in quella di Nuoro il 39%. Nel percorso IVG la rete dei consultori familiari rimane poco coinvolta. In Sardegna i consultori attivi erano 63 nel 2022 e sono saliti a 69 nel 2024, pari a uno ogni 25.000 abitanti (ancora al di sotto dello standard minimo di uno ogni 20.000). Secondo l’ISS, nel 2022 il 71,4% dei consultori sardi offriva un servizio di counseling per l’IVG, ma nello stesso anno soltanto il 16,1% delle certificazioni per l’IVG è stato rilasciato dai consultori, a fronte di una media nazionale del 43,9%.

Un dato particolarmente allarmante riguarda le metodiche utilizzate per l’aborto chirurgico. Nel 2022, in Sardegna il 20,9% delle IVG è stato effettuato tramite raschiamento, una procedura più invasiva e rischiosa rispetto agli standard raccomandati: un dato ben superiore alla media nazionale del 7,2% e dovuto a carenze di aggiornamento professionale e indisponibilità di strumenti secondo le valutazioni dell’ISS, che si è confrontato con i professionisti dei punti IVG sardi per individuare e risolvere le cause dell’eccessivo ricorso al raschiamento.

Parallelamente cresce il ricorso all’IVG farmacologica, che, secondo i dati trasmessi a Medici del Mondo dalla Regione, nel 2024 ha toccato quota 67,6%, dopo il 44,8% registrato nel 2023. Ma la situazione è fortemente disomogenea, passando dall’88,7% della quota di IVG effettuate all’Ospedale di Alghero a tre punti IVG in cui non è ancora disponibile. Il dato è ancora più critico se si considera che la Sardegna è una delle quattro regioni italiane con il più alto tasso di IVG in strutture private convenzionate (12% contro una media nazionale del 3,8%), e che le due cliniche private che effettuano IVG sull’isola non praticano l’aborto farmacologico.

Senza contare che la deospedalizzazione non è ancora realtà, ma qualcosa si muove: a luglio scorso la Giunta Regionale, su proposta dell’Assessore alla Sanità Armando Bartolazzi, ha istituito un tavolo tecnico per l’attuazione delle linee guida ministeriali sull’aborto farmacologico in ambito ambulatoriale e consultoriale. Il tavolo, composto da personale tecnico e sanitario, dovrà elaborare protocolli per l’erogazione dell’IVG farmacologica anche al di fuori degli ospedali, in regime di day hospital o con assunzione domiciliare del secondo farmaco, laddove le strutture siano collegate a presidi ospedalieri autorizzati. Senza dubbio un importante passo avanti, ma senza trasparenza informativa e investimenti nei consultori, l’accesso a questo servizio rischia di rimanere un privilegio per poche.